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Il racconto insensibile di Milano Eventi di giovedì 22 maggio

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Metti in fila la tua Milano-playlist di giovedì e lasciati portare in giro come da una radio con il tasto “scan”: alle 18, sotto la volta a spicchi di San Satiro, il canto gregoriano friulano di Mater Dei: Il culto mariano nella tradizione cividalese accende subito l’acustica sacra. Giusto il tempo di attraversare il centro e in piazza XXV Aprile parte la proiezione-incontro di Musicanti con la pianola con i due re delle colonne sonore Pivio & Aldo che suonano dal vivo fra una clip e l’altra.

Al calare della sera Milano fa zapping tra grandi schermi: in sala Soldati rullano 35 mm per Il cinema in pellicola di Silvio Soldini, l’Anteo lancia l’anteprima sociale di Per Gina Lagorio e subito dopo il corto sci-fi 154 si fa presentare da Giovanni Storti in persona; chi preferisce il reportage può accomodarsi per Oltre confine – Cinema Saving People o scoprire l’oscuro Haneke nella cinquina di Inediti: 4 capolavori di Michael Haneke.



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Nella navata di Sant’Angelo risuonano i registri gravi di Francesco Filidei all’organo per “Milano Musica”, mentre al TAM Arcimboldi la bossa nova di Toquinho trasforma i velluti rossi in spiaggia di Ipanema. E se cerchi la stessa intensità in versione cameristica, la Società dei Concerti ospita l’ultimo gigante con Grigory Sokolov e il Teatro Dal Verme chiude la sua ottantesima stagione con Dvořák diretto da Pietari Inkinen.

Il sipario teatrale non resta giù: al Manzoni l’ironia feroce di Figli di Troia incontra il cabaret emiliano di Osteria Giacobazzi, mentre al Parenti le ombre di Pessoa si materializzano in Una crepa nel crepuscolo. Il Piccolo corre su due binari: la trilogia pasoliniana Erodiàs + Mater Strangosciàs al Grassi e gli amori ferrovieri di Anna Karenina allo Strehler, mentre il Fontana fa danzare la nuova scena con Exister. Per chi ha ancora fiato c’è anche l’happening di parole e farine de Le Parole del Pane Festival alla Fondazione IBVA e il manifesto green in forma di stand-up di Bad Company, un racconto di (In)sostenibilità umana.

Fra un palcoscenico e l’altro si infilano mostre freschissime: la fotografia-verso di Mario Giacomelli. Il fotografo e il poeta, le lastre colorate di Francesco Candeloro. Cime nel tempo e, sul fronte architettura, il focus urban di FotogramMi – Festival di Fotografia di Architettura. Chiudono il cerchio i brindisi junmai del Milano Sake Festival e il pogo bucolico del Mi Ami Festival 2025: perché anche il giovedì, a Milano, vale come un Capodanno.

Sul versante musica, piazza San Fedele regala l’intervallo swing di Break in Jazz, poi tocca al tocco poetico del pianista-filosofo in Piano City Milano – Anteprima scaldare i tasti al tramonto.


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Al Mediolanum di Assago, l’arena diventa playlist live con Irama al Forum; nel mentre alla Cineteca la pellicola fruscia per la maratona umanitaria Oltre confine – Cinema Saving People e, un quartiere più in là, il grande formato di Luca Padroni. Into the Wild fa esplodere boschi e cieli dentro una galleria tutta luce. Se serve un pit-stop di stile, in corso Garibaldi apre il Good Villain pop-up store con felpe noir e grafiche da fumetto.

La sera scorre tra fotogrammi cult e palcoscenici in over-drive: allo Spazio Oberdan scorrono 35 mm introvabili con Inediti: 4 capolavori di Michael Haneke; al PACTA Salone i dialetti feriscono e accarezzano in Arrusi; al Parenti il noir intimista di Una crepa nel crepuscolo fa coppia con la doppia Pasolini di Erodiàs + Mater Strangosciàs al Grassi e i vagoni sentimentali di Anna Karenina allo Strehler, mentre al Fontana la danza contemporanea alza il sipario su Exister.

Intorno ai palchi pulsa la fotografia: gli scatti architettonici di FotogramMi – Festival di Fotografia di Architettura incontrano i paesaggi terrestri di GEA. Sergio Perotti e i trenta anni di cantieri metropolitani di Architetture e visioni; chi cerca l’olio su tela trova vetri di luce e poesia in Roni Horn e marmi napoleonici nei Busti di Canova a Brera.

Il Manzoni fa da ponte tra risate e lambrusco con Osteria Giacobazzi; alla Statale, Mozart diventa pausa studio con Davide Cabassi nei Launch Concerts


Infine, i racconti di statuaria in Francesco Somaini. Oltre il giardino

Metti la città in tasca e gira come se fosse un’unica, enorme sala prove: si parte dallo sguardo filtrato di Dorothea Lange e dalle profondità blu di Hussain Aga Khan. The Living Sea; pochi passi più in là, le tele sospese di Alessandro Spadari. Di vento leggero soffiano aria di mare sui bozzetti visionari di Visioni del futuro e sulla tavolozza emotiva di Kate Groobey. Arrabbiato, ma più calmo di prima.


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Scendendo al piano terra il metallo diventa respiro con Daniele Nitti Sotres. Nel respiro del fuoco e le campane bronzee di Tullio Pericoli. Terremobili sembrano oscillare insieme alle carte‐ricamo di Simona D’Amico. Schizzare. Chi cerca il grande affresco sociale trova la mappa diseguale della 24 Esposizione Internazionale di Triennale. Disuguaglianze e la potenza di marmo vivido in Natura morta. Jago e Caravaggio, mentre le navate di Palazzo Citterio si colorano con le trasparenze di Chiara Dynys. Ancora una volta.

Fuori porta i borghi si trasformano in gallerie a cielo aperto grazie a Una Boccata d’Arte; di ritorno, l’ADI Design Museum alza cupole prefabbricate con Dante Bini. Out of the Box e la Permanente ospita i sogni su carta di Gigi Pedroli. La poesia del sogno.

La serata corre in doppia corsia: alla Scala la voce e il sarcasmo di Weill prendono vita con Il “Trittico Weill“ al Teatro alla Scala, al Melato l’acqua di Venezia riflette la decadenza di La morte a Venezia. Se resti in zona Brera, puoi ammirare i taccuini botanici di Claudia Marini. Movimenti del desiderio,


Sul selciato del Manzoni già risuonano le prove di Osteria Giacobazzi. Non resta che incastrare tutto nella memoria del telefono e capire come raccontare domani una città che non smette mai di premere play.

Se la tua idea di giovedì perfetto è girare Milano come fosse un’unica, gigantesca galleria, attacca così: in via Rovello il Piccolo alza la temperatura con l’elegante decadenza di La morte a Venezia; appena fuori dalla platea basta infilarsi in via Borgonuovo per farsi investire dal colore gestuale di Kate Groobey. Arrabbiato, ma più calmo di prima e dal ferro incandescente di Daniele Nitti Sotres. Nel respiro del fuoco.

Scendi verso corso Magenta e ti ritrovi in un futuro possibile grazie alla collettiva Visioni del futuro e alle tele brumose di Alessandro Spadari. Di vento leggero; attraversi il cortile e passi dall’America di Dorothea Lange alle immersioni coralline di Hussain Aga Khan. The Living Sea.

È già ora di un salto alla Scala per l’ironia tagliente de Il “Trittico Weill”, ma la pausa caffè te la servi con i taccuini botanici di Claudia Marini. Movimenti del desiderio e l’expo manifesto della 24 Esposizione Internazionale di Triennale. Disuguaglianze

La sera si divide fra rullini e installazioni: al Cinemino parte la rassegna-corpo Il Corpo; alla Fondazione Pomodoro le lastre iridescenti di Chiara Dynys. Ancora una volta dialogano con i borghi trasformati in atelier di Una Boccata d’Arte. Poco più in là l’ADI Design Museum innalza cupole prefabbricate per Dante Bini. Out of the Box, mentre la Permanente accende i pastelli onirici di Gigi Pedroli. La poesia del sogno.


Per il gran finale basta varcare la soglia della Marconi Foundation: il marmo dialoga col barocco in Natura morta. Jago e Caravaggio; un vicolo più in là l’inchiostro filiforme di Simona D’Amico. Schizzare conduce ai paesaggi mobili di Tullio Pericoli. Terremobili. A quel punto puoi tirare il fiato sapendo di aver attraversato, in un solo giro d’orologio, mezza galassia culturale senza mai uscire dalle mura della città.

Milano oggi sembra un videogame a livelli, e ogni livello apre una stanza nuova: si inizia scendendo nei tunnel lunari di “Dropcity” nei tunnel della Stazione Centrale dove architetti, skater e coder ridisegnano il concetto di metropolitana, poi si riemerge in piazza Castello per farsi travolgere dal fotoreportage corale di Ora e Sempre. Quando l’arte è testimonianza – un pugno di storie che non chiedono il permesso di commuoverti.

Da lì basta saltare sul treno per Varese per il percorso immersivo di Un altro sguardo. A Villa Panza; al ritorno la galleria si popola di prospettive sghembe con Ramón Enrich. Architettura e Utopia e di polaroid intime in Julian Lennon – Whispers Too. Serve una pausa kids-proof? Il tapis-roulant di magia è garantito da I 50 anni di Gardaland.

Nel quadrilatero delle mostre la bussola impazzisce: al PAC si apre il caleidoscopio di Deep Beauty. Il dubbio della bellezza che dialoga con i collage-serigrafia di Doppio omaggio a Rauschenberg e con le creature pittoriche di Emilio Scanavino. Les Monstres Amis. Poco distante, l’utopia pop di Baj e Milton. Paradiso perduto incontra la serialità industriale di Typologien: Photography in 20th-Century Germany.

Chi ama i gesti minuti trova poesia nei ricami di carta di Elisabetta Di Maggio, nei lavaggi d’inchiostro di Minjung Kim. Ripetizioni e nel doppio sguardo di Fulvia Levi Bianchi; Adelisa Selimbašić. Chi preferisce la storia remixata si tuffa nel dialogo tra futurismo ed urne etrusche di Etruschi del 900 e, risalendo alla Sala delle Cariatidi, si lascia travolgere dal rito sonoro di Nico Vascellari. Pastorale.


La Triennale, intanto, ospita i diorami erranti di Anna Boghiguian accanto all’arcobaleno minimalista di Ugo Rondinone e ai taccuini d’oro di Fabrizio Cotognini. Transitum. Il gran finale arriva con i mandala di sabbia di Jennifer Guidi. Points on Your Journey che si riflettono nei ritratti deformanti di Ritratti entro uno specchio convesso: a quel punto la testa gira, il telefono è pieno di scatti e Milano può pure spegnere le luci – la mostra continua nella tua memoria.

Metti comode le sneakers: oggi Milano è un walk-through che parte da un riflesso e finisce dentro un murale. In via dell’Orso un gioco di prospettive trasforma ritratti classici in caleidoscopi con Ritratti entro uno specchio convesso; due fermate di metro e alla Triennale entri direttamente nel salotto concettuale di Ugo La Pietra. Interno-Esterno, dove sedie e città si scambiano di posto.

Subito dopo, il PAC ti mette davanti agli sguardi velati di Shirin Neshat. Body of Evidence e, all’ADI Design Museum, gli artist-run space dialogano su futuro e memoria in Orizzonti Paralleli. Attraversi il Castello, entri nel Museo Archeologico e ti ritrovi in una “expo” da National Geographic con Meraviglie del mondo moderno; poco più in là, i tavoli imbastiti di colore di Thérèse Mulgrew. Slow Burn sembrano nature morte in pausa pranzo.

La stessa galleria allinea bandiere di formiche in Yukinori Yanagi. Icarus e paesaggi-tessuto di Ann Beate Tempelhaug, mentre la Sala delle Colonne di Palazzo Reale lampeggia di rossi leonardeschi con La seduzione del colore. Andrea Solario. Una traversa più giù, la galleria underground dei fumettisti insegue il pop-politico de Il Gruppo Crack prima di sfociare nel vintage-rave di vinili e abiti al Remira Market al DKR Club.

Spostati al Teatro Arcimboldi Village per i graffiti immersivi di The World of Banksy, poi al Mudec trovi la foresta di neon e performance di Mudec Invasion. Per i dieci anni del Mudec con in coda il reportage on-the-road di Travelogue per i dieci anni col Mudec. Prima di cena, via con lo scatto-selfie davanti alla sfera monumentale di Arnaldo Pomodoro. La Sfera e il viaggio digitale tra coralli glitch di Sabrina Ratté. Realia.


La sera è tutta un ping-pong: alla Galleria Fumagalli esplode il racconto corale di Essere donna; al Museo Poldi Pezzoli le statue antiche posano per l’obiettivo di Vasco Ascolini. De statua e la Sala Verdiana riecheggia di contrappunti cinquecenteschi in Attorno a Tintoretto. Chiude il cerchio la passerella déco di Art Déco. Il trionfo della modernità – l’ultimo checkpoint prima di ricominciare da capo domani, con un’altra mappa e altre scarpe.


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Primo giro : entro a Palazzo Reale e mi accoglie la sensualità onirica di Io sono Leonor Fini, esco e svolto in Brera dove i pigmenti galattici di Lorenzo Gnata. Cosmogonie sembrano vaporizzarsi nell’aria; al piano di sopra la GAM tesse dialoghi sospesi con Casorati. Silenzi e assonanze prima che l’obiettivo backstage di Gérard Uféras. Lo sguardo nascosto sveli i segreti del mondo della moda.

Secondo livello : sotto i portici ottocenteschi spunta il profumo di carta di Vecchi libri in piazza Diaz, ma basta alzare gli occhi al cielo per ritrovarsi tra comete e arpeggi con Un pianoforte tra le stelle al Planetario; in zona Bicocca, i sensori di Tarek Atoui. Improvisation in ten Days trasformano l’acqua in beat. Terza tappa : in Camera di Commercio scopro stadera e bilance reinventate in installazioni con Il valore della misura, poi faccio rotta sul Teatro dell’Arte dove il format Storie dell’Arte. A teatro e al museo mescola Caravaggio e stand-up comedy; poche pedalate e nel giardino d’acciaio della Fondazione Maria Cristina Carlini le sculture sembrano navi spaziali atterrate. Quarta fermata : al Porticato dei Chiostri scopro tavolette pop-devozione con Dove tutto accade. Ex Voto,. Da lì è un attimo arrivare in via Brera: le sale candide di Palazzo Citterio – La Grande Brera schierano Morandi accanto a Fontana, mentre al Mudec lo sguardo migrante di Adrian Paci si specchia nei neon old-school di Bold. Declinazioni Campari.




 
 
 

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